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26/10/2010
La nuova cultura della gestione dei conflitti nella società globalizzata
F.P. Provincia Autonoma di Bolzano
Sabato 13 Novembre ore 9.00
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26/10/2010
Intervista a Davide Berruti
"Telegrammi", numero 348 del 19 ottobre
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26/10/2010
Teaching mediation. EUTOPIA-MT: conflict management through digital worlds
The new book about EUTOPIA-MT project
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08/09/2010
Ora basta !!!
Laboratorio sulla gestione costruttiva
dei conflitti e delle relazioni di R. Tecchio
Roma, a partire da Ottobre 2010
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31/08/2010
Call for students at University of Trieste
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 Associazione "Madri di Srebrenica"
Association "Mothers of Srebrenica"
     
     
  Appunti di viaggio di Giampiero Granchelli  
     
 

Lasciamo Bratunac per la visita al memoriale di Potocari e l’incontro con Hatidza Mehmedovic (Djija), una delle fondatrici delle “Madri di Srebrenica”. Questa associazione è stata fondata per volontà di donne che hanno perso mariti, figli e fratelli durante la caduta di Srebrenica nel luglio del 1995 quando i militari serbi, con la complicità dei caschi blu olandesi, “ripulirono etnicamente ” la zona durante uno dei momenti più drammatici della guerra in Bosnia. A 9 anni dal massacro molte donne sono ancora in Federazione mentre alcune hanno deciso di tornare e ricominciare a vivere nella loro ex-casa.

L’associazione è nata quindi con una doppia finalità: trovare un maggior senso di sicurezza e di forza unendosi e confrontandosi con donne che hanno vissuto lo stesso lutto e riuscire, grazie alla forza dell’unione, a far emergere e conoscere tutte le verità sul massacro. Per la sua caratteristica di “monoetnicità” l’associazione riscontra notevoli problemi, soprattutto al livello di finanziamenti e di riconoscimento. Credo che le parole di Rada pronunciate durante la visita al memoriale di Potocari riescano da sole a rappresentare gli ostacoli che queste donne hanno deciso di affrontare dando vita alla loro associazione.

“Quando è tornata [Djija n.d.r.] ha deciso di trovare delle altre e di fondare un gruppo delle donne, per unirle e stare un po’ insieme e per dare un sentimento di sicurezza, di forza. E loro hanno fondato questa associazione che si chiama Madri di Srebrenica e hanno provato a cercare un finanziamento, un aiuto per le loro attività. Ma quasi tutte le porte sono chiuse per loro perché non sono un gruppo multietnico. Questa è la spiegazione del perché non accettano i loro progetti. E’ una cosa assurda. Non si può capire neanche dal punto di vista umano. Per i finanziamenti devi essere un gruppo multietnico, con tot numero di donne, con tot numero delle diverse etnie. Tutto deve essere programmato da qualcuno che sta non si sa… in qualche parte, non so dove, a Bruxelles, e che ha questi criteri. Tu lo vedi questo cimitero? Non è multietnico” .

 
Djija riprende in seguito il problema delle loro difficoltà, ci parla del loro isolamento dovuto dall’atteggiamento d’indifferenza se non di fastidio con cui vengono trattate dagli uomini politici locali e spesso anche dall’opinione pubblica. Per quanto riguarda la questione del rapporto dell’associazione delle Madri di Srebrenica con gli esponenti politici è emerso il problema della manipolazione a cui sono esposte; soprattutto da parte dei nazionalisti musulmani esse sono “usate” per ogni elezione attraverso gli stereotipi del vittimismo.
La mancanza di appoggi (siano essi locali che “internazionali”) comporta notevoli problemi organizzativi potendo contare solamente sulle poche risorse a disposizione. Nonostante i problemi concreti, il solo spostarsi nei villaggi attorno alla Drina per degli incontri di sensibilizzazioni rappresenta una grande spesa non sempre affrontabile, dalle parole di Djija emerge una forma di soddisfazione quando dice: “se non c’era associazione, se non c’erano le famiglie, non ci sarebbe stato neanche il centro memoriale di Potocarì; non si sarebbe potuto sentire verità, cosa è successo” Inoltre ci spiega come, sempre tramite l’associazione, sono riusciti ad avere degli aiuti economici “informali”; uno dei casi più particolari riguarda la donazione di mucche. Tramite l’interessamento di un’amica delle “Madri di Srebrenica”, alcuni privati (spesso stranieri come il caso di un tedesco di origini bosniache) hanno donato delle mucche a diverse famiglie. Questi aiuti contribuiscono molto, come tiene a sottolineare la nostra interlocutrice, al processo di stabilità economica e sociale della popolazione che decide di ritornare in Repubblica serba, una mucca per la loro economia è una grande risorsa e permette una forma d’investimento per la propria sussistenza.
Se questi esempi ci servono a comprendere come l’associazione si occupi, nonostante l’assenza di finanziamenti, dei diversi problemi pratici delle donne rientrate, non sono mancati, durante il nostro incontro, accenni alle attività riguardanti la sensibilizzazione su quello che è successo a Srebrenica. Dalle parole di Djija è emersa una forte volontà di collaborazione per diffondere la verità su ciò che è accaduto, in particolare ha evidenziato l’importanza di progetti finalizzati a far conoscere la storia di Srebrenica a tutti i bambini del mondo. La volontà di stabilire rapporti con associazioni, scuole, enti pubblici etc, interessati a stabilire relazioni di reciprocità a prescindere dai “legami istituzionali” in questo frangente è divenuto il fulcro del nostro colloquio. Djija, infatti, ha espresso l’importanza di promuovere in tutte le parti del mondo attività spontanee e soprattutto viaggi che permettessero a tutti i bambini di conoscere quello che è successo affinché non si ripeta.
Da queste richieste ci rendiamo conto come in questo caso emerge chiaramente la voglia da parte di una delle protagoniste dell’associazione di costituire una realtà associativa diversa che prescindendo sia dal mondo della politica-definita come “cosa sporca capace di generare odio”- sia da quello della comunità internazionale, trovi la sua energia da un sentimento di solidarietà generale. In questo frangente, sia le varie esperienze economiche sia gli incontri di sensibilizzazione, si pongono come momenti attraverso i quali favorire forme di collaborazioni tra l’associazione e tutte le diverse realtà che in ogni parte del mondo si occupano di questi temi nelle stesse modalità. In conclusione quindi possiamo considerare questi piccoli esperimenti, sorti nel caso delle Madri di Srebrenica in seguito ai diversi problemi contingenti, come delle possibili soluzioni ai diversi en-passes di cui ci siamo occupati. A questo scopo appare necessario un interessamento maggiore per quest’angolo di mondo sia da parte dei media affinché ci sia una buona conoscenza dei problemi ancora irrisolti e delle tante piccole esperienze nate, sia soprattutto da parte di associazioni capaci di contribuire al processo di autonomia e indipendenza della società civile senza contribuire ad una nuova dipendenza o peggio ad una “colonizzazione umanitaria”.
     
  Srebrenica, July 26th 2004  
     
     
   
   

 


 
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