In Evidenza / Highlights
 

26/10/2010
La nuova cultura della gestione dei conflitti nella società globalizzata
F.P. Provincia Autonoma di Bolzano
Sabato 13 Novembre ore 9.00
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26/10/2010
Intervista a Davide Berruti
"Telegrammi", numero 348 del 19 ottobre
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26/10/2010
Teaching mediation. EUTOPIA-MT: conflict management through digital worlds
The new book about EUTOPIA-MT project
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08/09/2010
Ora basta !!!
Laboratorio sulla gestione costruttiva
dei conflitti e delle relazioni di R. Tecchio
Roma, a partire da Ottobre 2010
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31/08/2010
Call for students at University of Trieste
MA for International Peace Operators
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 Centro culturale "Kosta Abraševic"
"Kosta Abraševic" cultural center
     
  Appunti di viaggio di Giampiero Granchelli  
     
 

Dopo gli sfarzi della cerimonia del 23 luglio, giornata dell’inaugurazione del ponte di Mostar, incontriamo Denis che ci parla della sua esperienza di “attivismo” nel centro culturale Kosta Abraševic (poeta socialista antimilitarista morto a 20 anni). Prima della guerra questo centro rappresentava uno dei nuclei più vivi della vita mostarina, “era il classico posto dove andavano a ballare i genitori”. Durante il conflitto è stato gravemente distrutto trovandosi sulla linea del fronte. Adesso, nonostante la sua struttura fatiscente, è stato riaperto ed è accessibile a tutti in quanto la sua posizione gli permette di avere, anche ora che la guerra è finita ma il fronte continua a dividere, due accessi, uno dalla parte est e l’altro dalla parte ovest.

 
 
La sua riapertura è stata possibile grazie all’impegno costante di alcuni ragazzi che, riunitisi attorno ad una associazione, la “rete-centro” -sorridendo Denis sottolinea che il temine centro non ha alcun significato di collocazione politica- sono riusciti a far rinascere la struttura costituendo un nuovo punto d’incontro per i ragazzi mostarini. Attualmente vengono svolte diverse attività, tutte finalizzate a costituire momenti di divertimento, di riflessione e di crescita culturale. Nel periodo estivo, dopo l’acquisto di un proiettore portatile, i ragazzi organizzano rassegne cinematografiche proponendo film e dibattiti; inoltre è ancora in corso un grande progetto d’implementazione di un media center con il materiale lasciatogli da una ONG australiana. Dopo averci dato una descrizione della loro attività, Denis cerca di condividere con noi le tante difficoltà. Innanzitutto emerge il problema dei contrasti sorti con parte dell’opinione pubblica e soprattutto con alcune componenti politiche. Se spesso anche in Italia “i giovani dei centri sociali” vengono rappresentati attraverso stereotipi negativi per i loro usi e costumi; dalle parole di Denis si capisce come i soliti appellativi di rifiuto nel loro caso assumono una condanna molto più grave e forte in quanto non è solo il loro modo di “vestirsi” o di “apparire” ad essere messo in discussione ma, soprattutto, la loro condanna alla guerra e la loro voglia di “vivere insieme”; in ultima analisi per la maggior parte della gente di Mostar questi ragazzi oltre ad essere “gay-comunisti-drogati-prostitute” sono anche e soprattutto “traditori”.
 
 
Ancora più problematico il loro rapporto con le forze politiche, in particolar modo con quelle più nazionaliste. Diversi rappresentati politici rimettono in discussione l’operato del centro chiedendone la chiusura, proprio all’inizio dell’estate, durante un tentativo di parlare con una rappresentate di un partito nazionalista musulmano schierata contro il centro, alcuni ragazzi sono stati malmenati L’altra questione difficile riguarda il rapporto di “dipendenza” dagli enti internazionali. L’Alto Rappresentante delle Nazioni Unite, direttamente interessato alla ricostruzione del centro, si è proposto per un possibile aiuto finanziario. Dopo una serie di estenuanti discussioni e attraverso una votazione finale, i ragazzi hanno deciso di accettare il contributo dell’Alto Rappresentate. Questa scelta ha portato come conseguenza la defezione di un gruppo contrario a questa collaborazione. Dalle parole di Denis emerge soprattutto l’amarezza e la tristezza per il fatto che questo “intervento finanziario” per il momento ha prodotto delle fratture profonde tra tanti suoi amici e l’allontanamento di un nucleo vitale dell’associazione.
 
 
L’entusiasmo, l’impegno e la costanza dei ragazzi animatori del centro rappresentano sicuramente un buon indice di sviluppo della società civile a Mostar ed in particolare del mondo giovanile; dall’altra parte però il problema della mancanza di finanziamenti-soprattutto in un periodo economico molto duro per la Bosnia Erzegovina- rappresenta un grande freno al processo di autonomia del mondo dell’associazionismo. Una ricostruzione della struttura del centro Abraševic, a causa dei suoi alti costi, risultava impossibile senza l’aiuto economico dell’Alto Rappresentate; comprensibilmente però questo intervento non può essere visto se non come una strategia da parte di chi finanzia per imporre in seguito un proprio modello, imposizione capace di mettere a rischio l’ indipendenza del centro. Di questa triste verità sembra essere completamente conscio Denis quando critica fortemente l’intervento degli “internazionali” all’interno del mondo della società civile bosniaca; egli definisce la situazione attuale “artificiale” in quanto si tratta di un modello imposto dall’alto “per fingere vera democrazia”, gli unici progetti che possono aver successo sono quelli avallati se non promossi dalla comunità internazionale.
 
 
Nonostante i tanti problemi di cui abbiamo appena parlato, un forte impegno di attori locali, come il caso dei ragazzi di Mostar, potrà contribuire a costruire una democrazia “meno finta”, sicuramente in questa direzione un forte contributo potrebbe essere quello di agenti interessati ad una cooperazione dal basso, capaci di contribuire alla piena autonomia e indipendenza della società civile locale.
 
     
  Mostar, July 24th 2004  
     
 

 


 
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